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 Il Quartiere Forte-Quezzi

 

ORGANIZZAZIONE DELLE CASE:[1]

 

Casa

Piani

Coperto mq.

Volume mc.

Vani n.

Alloggi n.

A

3 + 3

6.196

163.658

2.010

384

B

3

1.860

41.630

306

54

C

3

4.000

54.400

733

144

D

4 + 2

2.765

70.809

964

178

E

3

2.597

35.968

471

90

 

 

17.418

366.565

4.484

850

 

Il quartiere doveva poter accogliere circa 4.500/5.000 abitanti con una densità ab./ha 136.

 

Per quanto riguarda la progettazione:

 

Casa

Ubicazione

Progettisti

A

Via Loria

Gruppo riunito Daneri-Fuselli

B

Via Fea

Gruppo Andreani

C

Via Fea

Gruppo Morozzo della Rocca

D

Via Modiglioni

Gruppo riunito Sibilla-Pateris

E

Via Emery

Gruppo Pulitzer

 

Opere di urbanizzazione previste dal progetto

Strade: carrozzabili, pedonali, di soste (Piazze): circa m. 12.960,

Servizi allegati a complemento degli alloggi e sistemazioni esterne: cantine, botteghe, uffici, garage-autorimesse.

 

Servizi pubblici civili e sociali previsti:

SERVIZI PUBBLICI,CIVILI E SOCIALI

-         Scuole,

-         Chiesa,

-         Sala di spettacolo,

-         Edifici pubblici (comprendevano anche locali per attività ricreative, parascolastiche e ginniche, laboratori, ecc.),

-         Impianti sportivi.

 

 Iter e analisi del progetto iniziale

Le particolari caratteristiche ambientali della zona hanno reso necessario l’elaborazione di vari progetti. Il piano del quartiere, che ebbe il parere di massima favorevole della commissione edilizia nell’agosto del 1956, prevedeva alcune torri a 8 e 12 piani in prossimità del crinale di ponente e altri fabbricati a 3 piani sparsi e disposti secondo l’andamento delle curve di livello.

Successivamente la zona per le costruzioni fu spostata nella valletta ad anfiteatro , posta sopra la città giardino. La scelta della nuova posizione era determinata dal fatto che questa zona era meglio esposta e protetta dai venti e godeva di una vista migliore sulla città.

Al centro della valletta, in mezzo ai due edifici più corti, si collocava il centro sociale ed economico del quartiere con un vasto piazzale a piani sovrapposti.

A nord dell’edificio A erano previsti gli impianti sportivi e negli spazi liberi dovevano essere sistemate varie aree scolastiche comprendenti scuole materne ed elementari atte a sostenere il fabbisogno di un così vasto quartiere.

Questo progetto non ebbe l’approvazione del consiglio superiore delle Belle Arti a causa dell’altezza degli edifici; infatti si è dovuta lasciare libera da costruzioni la parte alta della collina per permettere la vista del Forte Quezzi, considerato monumento nazionale.

 

 

 La seconda edizione del progetto fu approvata con delle varianti. In ambedue i progetti tutto il quartiere doveva essere circondato da una grande parco che a nord saliva fino a Forte Quezzi.

Le accuse principali sono quelle di aver adottato un criterio di livellazione che si traduce in forme e dimensioni tali da mortificare qualsiasi esigenza di carattere individuale.

Le voci a favore ribadiscono la validità dell’insediamenti intensivi.

I progettisti genovesi rifiutano ogni soluzione di case sparse per cercare di creare un insieme compatto che ha le sue radici nell’edificio-città di Marsiglia e nel piano di Algeri di Le Corbusier.

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Realizzazione e stato attuale del progetto

 

Comunque, nonostante le difficoltà incontrate, i progettisti hanno ottenuto come risultato una composizione d’insieme semplice, armonicamente inserita nel paesaggio, con pochi edifici, molto lunghi, piegati e adagiati sulle curve di livello della collina. Importante è stata anche la limitazione della zona costruita nella valletta ad anfiteatro, che gode di un’ottima vista sulla città.

Il problema del verde è stato uno dei più curati dai progettisti, la natura deve entrare nella costruzione ed essa a sua volta inserirsi nella natura (secondo la poetica razionalista).

Per il passaggio pedonale erano previsti sentieri di selciato, tra un edificio e l’altro, con scale di pietra locale intermezzati da piazzole da piazzole per il gioco dei bambini. Era previsto un forte rimboschimento nelle zone erbose e una fioriera continua di cemento lungo la strada.

Questa parte non è stata realizzata come previsto nel progetto e l’unico angolo verde è nei pressi della casa D, ma gli alberi sono talmente pochi che vengono soffocati dal complesso; inoltre lo spazio che doveva essere lasciato libero a sud del quartiere, per essere adibito a parco, è stato talmente preda di una forte speculazione edilizia.[2]

Il settore impianti sportivi è stato ridotto ad una squallida piazzola di cemento, a gestione parrocchiale, usata per il gioco del pallone, ed uno spazio ristretto per i bambini più piccoli, con uno scivolo e una giostra.

Di tutte le aree scolastiche previste sono state costruite solamente una scuola elementare ed un asilo con pochissime aule.

Il centro sociale e commerciale non è stato realizzato, ed il quartiere ora dispone solo di pochi e insufficienti negozi.

Analizziamo brevemente l’edificio A : si tratta di un edificio a schiera, lungo m.540, formato da sei piani di abitazione, oltre un porticato corrente sopra le autorimesse poste a livello della strada e un camminamento che interrompe a metà, in altezza, l’edificio, pensato quale spazio per l’incontro, il gioco, una sorta di piazza condominiale.

Questa specie di strada coperta si è rilevata in pratica inutilizzabile; infatti è sempre molto fredda e ventosa. In tutto il fabbricato prevale il carattere del cemento a vista delle strutture e l’uso di elementi prefabbricati.

Tutta la casa poggia su pilastri che delimitano la zona delle autorimesse e danno uno slancio verso l’alto a tutto l’edificio; il motivo dei “pilotis” ripreso da Le Corbusier e attuato anche in altre opere di Daneri, ritorna nel porticato su cui si aprono i portoni.

Nel prospetto l’elemento dominante è la “quadrettatura” dei terrazzi che ricorre spesso nelle opere di Daneri.

  

 

CRITICHE

Una delle critiche è stata fatta nei conforti della scelta dell’ ubicazione, l’altra nei conforti delle soluzione architettoniche. Grossi esponenti dell’architettura affermano che Daneri codifica i rapporti tra individuo e società, trasferendo alcuni dei compiti tradizionalmente riservati alla famiglia, al gruppo sociale che si identifica nella casa, non più familiare. Altresì viene asserito che è stato adottato un “criterio di livellazione che si traduce  in forme e dimensioni tali da mortificare qualsiasi esigenza di carattere individuale.

 

Le voci a favore ribadiscono la validità degli insediamenti intensivi.

Se accettiamo il blocco plurifamiliare, perché continuare a suddividerlo in tante scatolette uniformi e affiancate, con un risultato ambientale soffocante?

Nei curvilinei edifici di Forte Quezzi è stata vista una “deviazione di tipo espressionista” del razionalismo di Daneri.

Questa affermazione non trova molti consensi, poichè la scelta dell’andamento sinuoso degli edifici è dovuta alla necessità di adattarsi al terreno e di dover concentrare molte abitazioni su un suolo che presenta difficoltà di sfruttamento.

Le piante negli appartamenti hanno suscitato una grossa polemica; alcuni critici sostenevano che Daneri aveva dato un’interpretazione restrittiva e non aggiornata dell’alloggio famigliare. In oltre si sostiene che sono rigide e tracciate senza fantasia; […] il problema principale è quello della scarsità di vani, decisamente insufficienti per una famiglia media.

Tanto più che le famiglie insediate nel quartiere sono molto numerose, provenendo quasi tutte da una forte immigrazione avvenuta a Genova proprio tra gli anni ’50 e ’60 contemporaneamente alla realizzazione del progetto.”[3]

Un’altra critica mossa riguardava il verde. Attualmente,l’unico angolo verde è nei pressi  della casa D.

Un’altra obiezione mossa è di ordine estetico: il rifiuto della forma a blocchi ondulati, di casa a serpentina.

Nei curvilinei edifici di Forte Quezzi è stata vista una “deviazione di tipo espressionista” del razionalismo di Daneri. Questa affermazione sembra errata, poiché la scelta dell’andamento sinuoso degli edifici è dovuta alla necessità di adattarsi al terreno e di dover concentrare molte abitazioni su un suolo che presenta difficoltà di sfruttamento.

Altra critica al progetto è la scelta del terreno che, causa della limitata disponibilità economica dei fondi per l’acquisto di aree, fa cadere la scelta su posti non felici, come questa collina a nord-est della città, che si presenta brulla e geologicamente non stabile, priva di infrastrutture.

Ancora una volta la sfida è vedere se è possibile costruire “quartieri popolari” che non diventino “quartieri-ghetto”, fuori dai collegamenti alla rete viaria e di trasporti pubblici.

Realizzazione e stato attuale del progetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


           


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[1] Questi dati statistici sono tratti da: G. A. Bernasconi, Il quartiere di Daneri a Forte Quezzi, in “Casabella” , aprile-maggio-giugno 1968, pp.58-64, e concordano con un’indagine svolta dall’Istituto Autonomo Case Popolari risalenti al 1974. Altre riviste come l”Architettura” e “Urbanistica” riportano dati differenti relativi al numero di vani e di alloggi.

[2] Il complesso di Forte Quezzi soffocato da un ammasso di costruzioni che arrivano proprio sotto le case, privandole dello spazio necessario e che hanno messo in pericolo la staticità della collina e degli edifici.

[3] IDA CAVANNA ,Un singolare quartiere di Genova: il cosiddetto “Biscione”, in ”Quaderno di studi e ricerche di geografia economica e religione”.