Tutta l’arte è un gioco?
Probabilmente
si, in quanto la vita è gioco e l’homo oltre ad essere sapiens
e faber, è anche ludens. Il primo a riconoscerlo è
stato Immanuel Kant che, nella Critica del giudizio, ha
spiegato come "l’arte abbia in comune con il gioco la libertà e il
disinteresse"
Il gioco, come
applicazione di regole per giocare e come sistema mentale teso a
rappresentare un modello intorno al quale si sviluppa la cultura,
secondo la teoria ancora attuale espressa da Johan Huizinga, nella più
famosa analisi antropologica sul gioco Homo ludens :
"La cultura sorge
in forma ludica, la cultura è dapprima giocata […] ciò non significa
che il gioco muti e si converta in cultura, ma piuttosto che la
cultura, nelle sue fasi originarie, porti il carattere di un gioco,
venga rappresentata in forme e stati d’animo ludici. "
Molte delle arti
figurative contemporanee, a partire dalle avanguardie storiche del
Novecento, sono prossime con vocazioni, aspetti, metodi e logiche, ad
aree e strutture ludiche.
L’artista moderno
ravvisa anche nel bambino una delle sue metafore come "figlio della
creazione", secondo la definizione di Klee.
La relazione fra
arte e mondo infantile sta così alla base di molte delle creazioni
artistiche del Novecento, vuoi perché l’artista crea dei veri e propri
giochi, vuoi per il disegno infantile che costituisce una delle fonti
principali di figurazione moderna, vuoi perché la figura dell’artista
subisce una trasformazione.
Si è ricorso
spesso, tra "giochi di tradizione", alla silenziosa abilità
combinatoria degli scacchi: gioco emblematico questo della storia
dell’arte a cominciare da Marcel Duchamp. (Nella foto Duchamp con Man
Ray in una delle scene di Entracte, film di Renè Clair e
Francis Picabia, 1924). Lo stesso Man Ray costruirà la sua prima
scacchiere nel 1927.
Si riprende la
struttura del rito di cui questi giochi conservano una memoria ultima:
la ripetitività, la inflessibilità delle regole, la quasi sacralità dei
comportamenti. Caratteri questi esaltati nel gioco degli scacchi,
terreno di coincidenza degli opposti.
Questo fa si che
la scacchiera diventi un oggetto-protagonista dell’arte del Novecento.
Tutti gli artisti vi fanno allusione, il Bauhaus ne produce , Max
Ernst, lo stesso artista che sperimentò il gioco infantile del
"frottage", ne scolpisce i pezzi (foto La reina, le fou et le
cheval, 1952). Paul Klee che era un appassionato della scacchiera
vi fece spesso allusione.
La "didattica
della forma", come principale strumento di formazione figurativa e
l’ideale di una forte vocazione artistica al servizio della tecnologia
industriale, caratteri estetici e stilistici del Bauhaus, fa sì che
tanto i Maestri che gli studenti furono interessati alla produzione di
giocattoli.
Itten, Klee,
Feininger, (foto:Ferrovia giocattolo e paesaggio in Turingia,1920-25)
Schlemmer realizzarono per loro conto e per la famiglia dei giocattoli,
mentre alla produzione degli allievi, Alma Buscher-Siedhoff e Eberhard
Schrammen, si deve una tipologia nuova di giocattolo ancora oggi in
produzione e attiva dal punto di vista pedagogico. Queste creazioni da
manipolare, e non più costosi manufatti da ammirare, sono
caratterizzate da semplicità, molteplicità combinatoria e sono pensate
per adattarsi alla creatività e alla fantasia del bambino.
In questi lavori i
singoli elementi, facili da maneggiare ed identificati da una forma ben
definita, possono essere assemblati tra loro in varie combinazioni.
Alma
Buscher-Siedhoff nel 1924 spiega così la sua concezione di giocattolo:
" Il nostro giocattolo (Bauhaus): la forma – semplice
incontestabilmente chiara e precisa- molteplicità e stimoli li crea il
bambino direttamente attraverso l’assemblare e il costruire. Quindi -
uno sviluppo che dura. La proporzione stabilita dalla personale
sensibilità, ma il più possibile reciprocamente armonizzabile. Il
colore, utilizzati solo i colori fondamentali, giallo, rosso, blu,
eventualmente anche il verde, ma prima di tutto il bianco per
rafforzare la sensibilità cromatica del bambino e quindi la sua
capacità di godere – un fattore chiave dell’educazione …"
(foto: Alma
Buscher-Siedhoff, Schiffbauspiel,1924)
Già i futuristi
come Fortunato Depero avevano equiparato l’arte al gioco evidenziando
due aspetti : una riflessione sulla plasticità e sul dinamismo sia in
funzione della scultura sia dello spazio teatrale dello spazio il
secondo è fattuale operativo della Ricostruzione futurista
dell’universo manifesto del 1915 in cui un capitolo è dedicato al
"giocattolo futurista".
(foto F.Depero
Progetto per marionetta. I baffuti giganti, 1918)
È con André Breton
e i suoi amici (Andrè Masson, Yves Tanguy, René Manritte e altri) che
il gioco, oltre ad allietare le serate, diventa una pratica metodica ed
approfondimento cognitivo e creativo. Il percorso del surrealismo è
costellato dalla scoperta di giochi: 1925 il Cadavre exquis applicato
al disegno e poi al collage, 1938-39 il gioco del "disegno comunicato",
1941 i "Tarocchi di Marsiglia"
Ma in
questa rapida esposizione non si possono non ricordare artisti come
Bruno Munari, che già nel 1930 apre le porte alla famosa serie di
Macchine inutili.
Incessantemente
dedica al gioco e ai bambini la sua opera e ricorda : " un gioco o
un giocattolo che sia facile da capire immediatamente, che sia semplice
da usare, che sia divertente , piacevolmente colorato e infine che lo
capiscano anche gli adulti"
(foto Bruno Munari
Libro illeggibile bianco e rosso, 1953)
A proposito di
macchine inutili non si possono dimenticare le opere di Jean Tinguely
che a parte le sue prime fasi costruttiviste si interessa di micro e
macro meccanica in un gioco che tende a rendere inutili strumentazioni
e macchine : ruote ingranaggi, pulegge, ecc. a favore di un gioco di
adulto che gioca a "fare il bambino" "Dovevo conferire una certa
forma per ottenere questo e quel movimento, e affinché tutto diventasse
anche divertente, l’inserimento della comicità per me aveva sempre
importanza fondamentale […] quando la macchina si metteva in movimento
mi piaceva molto vederla arrivare ad un limite di velocità in cui tutto
diveniva buffo e burlesco"
(foto Jean
Tinguely Jean-Jacques Rousseau,1988)
E sempre nell’1988
Alighiero Boetti rifletteva sulla sua arte:
"Io ho lavorato
molto sul concetto di ordine e disordine : disordinando l’ordine oppure
mettendo ordine in certi disordini, o ancora presentando un ordine
visivo che fosse invece una rappresentazione di un ordine mentale. E’
solo questione di conoscere le regole del gioco: chi non le conosce non
vedrà mai l’ordine che regna nelle cose"
(foto Alighiero
Boetti, Faccine , 1977
"Un gioco che
quando riesce è poesia" F.Melotti, 1987
Breve sintesi
personale da
L’arte del
gioco da Klee a Boetti Ed. Gabriele Mazzotta, 2002
Catalogo della
Mostra Aosta Museo Archeologico Regionale
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